mercoledì 30 marzo 2011
Con un fiore in testa Intervista a Ronald Van der Hilst, designer olandese che da anni crea ispirandosi al tulipano
A lui si riconosce l’enorme merito di avere reso un soggetto tradizionale, e per certi versi un cliché, in un vero e proprio tratto stilistico. Un fiore, un tulipano, preso e messo al centro della scena, coi suoi colori e con quella forma così sinuosa. Ronald Van der Hilst, designer olandese ha iniziato la sua carriera come progettista di paesaggi, e questo ambito ancora oggi ha un’influenza enorme sulla sua opera. Nel 2006 ideò una mostra interamente dedicata ai tulipani, che coinvolse tutta la sua città natale, Anversa, e la provincia circostante, toccando venti tra musei e giardini.
Quanto può darle ancora quest'universo in termini d'ispirazione?
“Lavoro ancora come architetto paesaggista ma fino a poco tempo la progettazione di giardini e di prodotti erano per me due cose differenti, completamente scollegate, ad eccezione del tema floreale: non utilizzavo i tulipani nei miei giardini e gli altri progetti non avevano niente a che fare con i miei giardini. Adesso sto creando ponti tra le due cose e ciò mi consente di sperimentare nuove fonti di ispirazione. Occorre tempo extra per sviluppare una propria scrittura personale e naturale nella progettazione di giardini. Il vaso in cristallo per tulipani “Bulbe” per Val Saint Lambert è stata la mia prima progettazione. Quest’opera mi ha dato slancio anche perché non si trattava di un progetto su commissione, ma mio al 100%. Dal 2007 il tulipano, come pianta da giardino, è diventato un tema nella mia opera come architetto paesaggista e lo scorso anno ho iniziato a ideare oggetti, come vasi e fontane, per giardini. Il prossimo passo sarà la realizzazione di progetti e concetti di giardino nei quali integrare gli elementi da me ideati”.
Quanto sono importanti le superfici e i materiali? Influenzano le sue creazioni, sono addirittura il loro punto di partenza o cos’altro?
“Non sono importanti, sono essenziali! La cosa più importante, per me, è che non esiste un unico tipo di forma, ma qualcosa di più che ne garantisce la qualità. I miei progetti iniziano dalla forma e al momento l’idea che ho in testa è ancora “grezza” e sto cercando il produttore che soddisfi le mie aspettative per ottenere il risultato migliore. Nell’ampia gamma di progetti di cui mi occupo, l’elevato livello dei materiali e delle tecniche è – ad eccezione del tema – ciò che li accomuna”.
Quali sono i materiali del futuro?
“Sono fermamente convinto che la qualità è la scelta da fare per muoversi in una direzione sostenibile. Meglio avere un solo pezzo di qualità pregiato, che 10 pezzi allo stesso prezzo, ma che non vale la pena conservare. Penso che siamo solo all’inizio dello sviluppo di materiali intelligenti e di qualità. Dobbiamo avvicinarci alla natura o essere ispirati da essa. Come il fiore di loto è dotato di un sistema di auto pulizia, tanto che mangiandone le radici possiamo purificare il nostro corpo, è probabile che anche i materiali realizzati con il loto abbiano lo stesso effetto. I materiali per i prodotti di consumo non dovrebbero più essere intesi come prodotti finali che perdono qualità dopo il riciclaggio: devono essere parte dell‘ecosistema”. Se un bambino dovesse chiederle che cosa è il design che cosa risponderebbe?
“Direi questo: immagina il tuo personaggio preferito di un film o di un libro. Prendi un pezzo di carta e con questo realizza una sedia che assomigli al tuo idolo. Taglia e piega. Non usare colla. Alla fine distendi tutti gli elementi e rimettili insieme fino ad ottenere la forma originale della carta. Spiega ad un tuo amico o ad una tua amica come fare questa sedia e dì a lui o a lei perché questa sedia rappresenta al meglio il tuo idolo. Ecco una concettualizzazione del modello sedia”.
martedì 29 marzo 2011
Magazzino di porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti.
Il Medioevo ed il quattrocento
Il bronzo consente indagini anche su secoli altrimenti oscuri di documenti e ancor più di testimonianze concrete. Porte artistiche, generalmente, e monumentali, quasi esclusivamente destinate all’esterno e dunque meno interessanti dal nostro punto di vista, rispetto alla ‘misura’ quotidiana di certi esemplari pompeiani, specchio però di epoche come quella tardo romana, o greco bizantina con tutta una serie di porte eseguite a Costantinopoli o in Italia che propongono versioni auliche di tipi e di motivi decorativi probabilmente più diffusi nella penisola, di quanto si possa dimostrare con esemplari lignei. La ‘modernissima’ porta bronzea della cattedrale di Trani che data al 1160, propone, ad esempio, un telaio riquadrato con grossi chiodi a testa piramidale, posti all’intersezione delle traverse, e un tessuto fittamente percorso da decori floreali, formelle a bassorilievo con figure; una soluzione che rimarrà frequente, specie nelle porte da esterni, e che sarà ripresa nel Novecento e negli Arts déco. Il fitto tessuto decorativo floreale, rimanda ad altri esemplari anche lignei come la porta del monastero di S. Elia e Giuliano a Qaryatayn presso Damasco.
Un altro motivo tardo antico di speciale permanenza è quello costituito da semicerchi sovrapposti e sfalsati. Seguendo gli esempi proposti dal Pozzi, tale motivo si rintraccia oltre che nella stessa porta del Pantheon, in un pluteo marmoreo di papa Liberio del 350, nella transenna di S. Apollinare in classe a Ravenna. Anche la trecentesca porta bronzea d’accesso all’atrio della Basilica di San Marco a Venezia che peraltro ripete un motivo presente nella porta di S. Alipio e in molte altre porte della Basilica sempre eseguite da Bertuccio, è costituita da archetti sovrapposti e sfalsati, che da lontano fanno qui l’effetto di una rete preziosa. (...)
Prima del maestro veneziano Bertuccio, dell’Andrea Pisano della porta sud del Battistero fiorentino e di altri esempi coi quali far praticamente iniziare lo spirito del Rinascimento, ci sono altre porte bronzee e lignee che appartengono all’epoca tardo antica e medievale che possono fornire motivi d’interesse. Come può facilmente dedursi dall’elenco fornito dal Pozzi, si tratta quasi esclusivamente di porte monumentali destinate all’esterno e quindi per molti versi periferiche rispetto al tema di questo “magazzino”.
Per altri elementi e spunti d’indagine relativi all’epoca prerinascimentale, ci si può rivolgere alle immagini dipinte: nel Miracolo del Beato Agostino Novello di Simone Martini, o nell’Ingresso a Gerusalemme di Duccio da Boninsegna compaiono portoncini chiodati a due ante, a sei o sette riquadri che per la fattura rimandano alla porticciola lignea sul lato nord della Scarsella del Battistero di San Giovanni a Firenze la quale nel telaio, nelle ferrature, trasmette autenticità; anche nei chiodi che irregolarmente infissi e abrasi rispetto alla superficie del legno di quercia degli specchi, offrono un tessuto di prezioso effetto medievale. Portoncini da esterno che nella loro struttura non sembrano molto differire da altri interni: nella Lavanda dei piedi ancora del Museo dell’Opera del Duomo di Siena, Duccio dipinge una stanza dove una porta semiaperta presenta la medesima struttura anche se qui con l’aggiunta di traverse ad X negli specchi.
Un esemplare quattrocentesco già appartenente alla Collezione Gualino a due ante con otto riquadri ornati da stelle in rilievo e da intarsi policromi nell’intelaiatura, testimonia originalità esornativa e il gusto per una più fantasiosa e preziosa campitura delle superfici che dall’Oriente delle crociate, dalle affascinanti tessiture della nostra pittura del Trecento o delle commettiture di marmi, di mosaici e per inconoscibili vie trapassa ai mobili del Quattrocento e investe in qualche caso le porte.
Mauro Cozzi
Maestro Bertuccio da Venezia, Venezia, Basilica di San Marco, porta in bronzo d’accesso all’atrio, XIV sec.
Barisano da Trani, Ravello, cattedrale, 1179
Barisano da Trani, Trani, porta della cattedrale, 1160
Barisano da Trani, Trani, porta della cattedrale, 1160
Il bronzo consente indagini anche su secoli altrimenti oscuri di documenti e ancor più di testimonianze concrete. Porte artistiche, generalmente, e monumentali, quasi esclusivamente destinate all’esterno e dunque meno interessanti dal nostro punto di vista, rispetto alla ‘misura’ quotidiana di certi esemplari pompeiani, specchio però di epoche come quella tardo romana, o greco bizantina con tutta una serie di porte eseguite a Costantinopoli o in Italia che propongono versioni auliche di tipi e di motivi decorativi probabilmente più diffusi nella penisola, di quanto si possa dimostrare con esemplari lignei. La ‘modernissima’ porta bronzea della cattedrale di Trani che data al 1160, propone, ad esempio, un telaio riquadrato con grossi chiodi a testa piramidale, posti all’intersezione delle traverse, e un tessuto fittamente percorso da decori floreali, formelle a bassorilievo con figure; una soluzione che rimarrà frequente, specie nelle porte da esterni, e che sarà ripresa nel Novecento e negli Arts déco. Il fitto tessuto decorativo floreale, rimanda ad altri esemplari anche lignei come la porta del monastero di S. Elia e Giuliano a Qaryatayn presso Damasco.
Michelozzo, porta dell’ex sede dell’Opera di S. Giovanni, Firenze, Piazza del Duomo 7, primo 400
Giuliano da Maiano (bottega), Studiolo di Gubbio già nel palazzo ducale, 1479-1482, oggi al MOMA di New York
Fra’ Giovanni da Verona, part. degli stalli della sagrestia, Siena, Abbazia di Monte Oliveto, fine XV - primi XVI sec.
Fra’ Giovanni da Verona, part. degli stalli della sagrestia, Siena, Abbazia di Monte Oliveto, fine XV - primi XVI sec.
Firenze, S. Lorenzo, porta d’ingresso al chiostro, part., sec. XV
Antonio Manetti e coll., Firenze, Santa Maria del Fiore, Sacrestia delle messe, part. della parete nord, 1440-1445
Un altro motivo tardo antico di speciale permanenza è quello costituito da semicerchi sovrapposti e sfalsati. Seguendo gli esempi proposti dal Pozzi, tale motivo si rintraccia oltre che nella stessa porta del Pantheon, in un pluteo marmoreo di papa Liberio del 350, nella transenna di S. Apollinare in classe a Ravenna. Anche la trecentesca porta bronzea d’accesso all’atrio della Basilica di San Marco a Venezia che peraltro ripete un motivo presente nella porta di S. Alipio e in molte altre porte della Basilica sempre eseguite da Bertuccio, è costituita da archetti sovrapposti e sfalsati, che da lontano fanno qui l’effetto di una rete preziosa. (...)
Mino da Fiesole, Roma, Palazzo Venezia, portale, 1464-1471
Agnolo di Lazzaro e coll., Firenze, Santa Maria del Fiore, Sacrestia delle messe, part. della parete sud, 1440-1445
Prima del maestro veneziano Bertuccio, dell’Andrea Pisano della porta sud del Battistero fiorentino e di altri esempi coi quali far praticamente iniziare lo spirito del Rinascimento, ci sono altre porte bronzee e lignee che appartengono all’epoca tardo antica e medievale che possono fornire motivi d’interesse. Come può facilmente dedursi dall’elenco fornito dal Pozzi, si tratta quasi esclusivamente di porte monumentali destinate all’esterno e quindi per molti versi periferiche rispetto al tema di questo “magazzino”.
Per altri elementi e spunti d’indagine relativi all’epoca prerinascimentale, ci si può rivolgere alle immagini dipinte: nel Miracolo del Beato Agostino Novello di Simone Martini, o nell’Ingresso a Gerusalemme di Duccio da Boninsegna compaiono portoncini chiodati a due ante, a sei o sette riquadri che per la fattura rimandano alla porticciola lignea sul lato nord della Scarsella del Battistero di San Giovanni a Firenze la quale nel telaio, nelle ferrature, trasmette autenticità; anche nei chiodi che irregolarmente infissi e abrasi rispetto alla superficie del legno di quercia degli specchi, offrono un tessuto di prezioso effetto medievale. Portoncini da esterno che nella loro struttura non sembrano molto differire da altri interni: nella Lavanda dei piedi ancora del Museo dell’Opera del Duomo di Siena, Duccio dipinge una stanza dove una porta semiaperta presenta la medesima struttura anche se qui con l’aggiunta di traverse ad X negli specchi.
Un esemplare quattrocentesco già appartenente alla Collezione Gualino a due ante con otto riquadri ornati da stelle in rilievo e da intarsi policromi nell’intelaiatura, testimonia originalità esornativa e il gusto per una più fantasiosa e preziosa campitura delle superfici che dall’Oriente delle crociate, dalle affascinanti tessiture della nostra pittura del Trecento o delle commettiture di marmi, di mosaici e per inconoscibili vie trapassa ai mobili del Quattrocento e investe in qualche caso le porte.
Mauro Cozzi
venerdì 25 marzo 2011
Le tonalità che fanno la differenza
The Collector è una linea assolutamente unica nel suo genere: la sua particolarità risiede nella straordinaria gamma cromatica che si accompagna ad un'estetica affascinante, lineare e priva di eccessi.
Sige Gold scopre così nuove capacità espressive, nuove possibilità e accostamenti insoliti. Su tutto prevale la tonalità, smorzata e mai prorompente, che abbraccia lo spettro dei colori pastello di ocra, rosa, grigio e salmone, e su cui fra tutte le altre emerge il jasper blue, una delicata gradazione di azzurro tipico del settecento inglese, che trova nel contrasto con il bianco il suo maggior punto di forza. L'attento studio delle vernici applicate ha permesso di raggiungere delle varietà di colore mai viste prima e che solo Sige Gold ha saputo affidare ai pregiati materiali delle sue porte. Colori antichi e preziosi rivivono sulle porte The Collector, che apprendono linguaggi moderni e contemporanei con un risultato sempre ed inevitabilmente sorprendente.
La lucidatura sapiente delle bugne in opposizione al pennellato opaco del legno riesce ad esaltare la saturazione del colore, e al contempo a dare l'impressione di una profondità più accentuata delle bugne e delle rifiniture, contando così su innovativi effetti prospettici e giochi di luci.
Le palette disponibili sono:
Blue Jasper
Il colori di questa gamma sono estremamente eleganti e pieni, attraenti e sofisticati. La varietà maestosa dei blu si pone in armonico contrasto con tinte che spaziano dal bianco alabastro al nero, con la possibilità di aggiungere dettagli in oro e argento.
Queen Charlotte
La nuance principale di questa gamma è il rosa, che in ogni abbinamento dimostra un'anima intimamente delicata. Sia che lo si ponga al fianco del grigio o del bianco, si ottiene uno squisito effetto settecentesco, che può essere arricchito da dettagli in oro o argento.
Vanessa Atalanta
Questa particolarissima scelta di colori è un omaggio ad un essere vivente dotato di rara grazia: la farfalla ad ali spiegate, il simbolo di The Collector. Gli accostamenti scelti in queste tonalità intense e seducenti sono una citazione ed un omaggio all'ispirazione del nostro logo.
Sige Gold scopre così nuove capacità espressive, nuove possibilità e accostamenti insoliti. Su tutto prevale la tonalità, smorzata e mai prorompente, che abbraccia lo spettro dei colori pastello di ocra, rosa, grigio e salmone, e su cui fra tutte le altre emerge il jasper blue, una delicata gradazione di azzurro tipico del settecento inglese, che trova nel contrasto con il bianco il suo maggior punto di forza. L'attento studio delle vernici applicate ha permesso di raggiungere delle varietà di colore mai viste prima e che solo Sige Gold ha saputo affidare ai pregiati materiali delle sue porte. Colori antichi e preziosi rivivono sulle porte The Collector, che apprendono linguaggi moderni e contemporanei con un risultato sempre ed inevitabilmente sorprendente.
La lucidatura sapiente delle bugne in opposizione al pennellato opaco del legno riesce ad esaltare la saturazione del colore, e al contempo a dare l'impressione di una profondità più accentuata delle bugne e delle rifiniture, contando così su innovativi effetti prospettici e giochi di luci.
Le palette disponibili sono:
Blue Jasper
Il colori di questa gamma sono estremamente eleganti e pieni, attraenti e sofisticati. La varietà maestosa dei blu si pone in armonico contrasto con tinte che spaziano dal bianco alabastro al nero, con la possibilità di aggiungere dettagli in oro e argento.
Queen Charlotte
La nuance principale di questa gamma è il rosa, che in ogni abbinamento dimostra un'anima intimamente delicata. Sia che lo si ponga al fianco del grigio o del bianco, si ottiene uno squisito effetto settecentesco, che può essere arricchito da dettagli in oro o argento.
Vanessa Atalanta
Questa particolarissima scelta di colori è un omaggio ad un essere vivente dotato di rara grazia: la farfalla ad ali spiegate, il simbolo di The Collector. Gli accostamenti scelti in queste tonalità intense e seducenti sono una citazione ed un omaggio all'ispirazione del nostro logo.
Legoland: mattoncino dopo mattoncino
Lego. Una parola che fa venire in mente montagne di plastica assemblabile rossa e gialla, che ha fatto di ogni bambino un architetto in erba. I più bravi riuscivano a tirarne fuori galeoni, i meno capaci (fra cui anche chi scrive) muri chilometrici di altezze variabili. Ma Lego da molto tempo non è più solo sinonimo di costruzioni, perchè Legoland è la catena di parchi divertimento di questo grande brand danese di giocattoli. Tra i parchi dal caratteristico stile “componibile”, il primo a vedere la luce è stato quello di Billund, Danimarca, nel lontano 1968. Da allora ne sono stati inaugurati altri tre in altrettanti paesi: Germania, USA, Inghilterra. L'ultimo è in arrivo nel 2013 in Malesia.
Sono parchi che nulla hanno da invidiare ai colossi del divertimento: montagne russe e percorsi sull'acqua, sono solo alcune delle attrazioni che si possono trovare all'interno. Con la differenza che le mascotte di questi parchi sono le versioni gigantesche dei personaggi che da bambini tentavamo di costruire, tutte ovviamente realizzate con piccoli pezzi Lego.
Nel primo parco, quello di Billund, il cuore vero e proprio del funpark è l'area storica in cui sono ricostruiti in miniatura gli edifici più belli e suggestivi del mondo, come Piazza San Marco, le piramidi di Giza, i canali di Amsterdam. In linea con la sua natura “architettonica”, Lego fa della ricostruzione di edifici la sua punta di diamante, un tratto distintivo di tutti i suoi parchi, con buona pace di chi era capace di tirar su soltanto i muri a cui accennavamo prima.
Il pezzo più fotografato del Legoland di Billund, è senza dubbio il “disneyano” castello di Neuschwanstein, in cui si ambientano alcune delle più classiche fiabe dell'infanzia. E proprio l'attenzione verso i più piccoli che caratterizza tutti i parchi Lego.
In particolare i bambini vengono trattati come veri e propri architetti in erba, tanto che nel parco di Gunzburg, in Baviera, è stato predisposto addirittura un Lego Mindstorm Center, dove si costruisco e programmano robot e dove è possibile assistere ai primi movimento della propria creatura. A tutto ciò si aggiunge il centro costruzioni Lego Bau und Test Center, dove con i consigli di esperti e veri progettisti, tutti (bambini e adulti) possono realizzare piccoli capolavori. E come dimenticare l'enorme faccione grigiastro di Einstein, che nel parco tedesco si offre anche ad un simpatico gioco di parole (“ein stein” in tedesco vuol dire letteralmente “un mattone” e, mattone dopo mattone, ecco che appare giustappunto il faccione del genio della fisica).
Facendo un salto Oltreoceano invece abbiamo la possibilità di visitare il parco californiano: 128 acri di superficie dedicati a giovani e giovanissimi, con un grande e coloratissimo acquapark e qualcosa come 70 milioni di mattoni di plastica. Nel parco malesiano di prossima apertura, che sorgerà nell'angolo est di Medini Iskandar, c'è ancora molto riserbo sulle attrazioni in via di progettazione. Si parla già però della sua grandezza, e si può dire che scalzerà Legoland California dal primo posto sul podio delle dimensioni; si pronosticano 145 acri di divertimenti, più di quaranta giostre interattive in via di realizzazione, che richiameranno migliaia di visitatori da tutta l'Asia.
Lego prepara un nuovo successo, che, è il caso di dire, ha costruito “mattoncino dopo mattoncino”.
giovedì 24 marzo 2011
The Collector - Essenza del bello cangiante e leggiadro
Una farfalla elegante e dai colori raffinati. Un volo leggero e suadente che con grazia infinita abbraccia tutti gli stili più particolari: questo è The Collector, la nuova collezione a marchio Sige Gold.
Una ponderata ricerca sulle finiture più sofisticate ha portato alla creazione di una collezione chic ed inconsueta, nella quale i colori discreti primeggiano su tutti gli altri elementi della porta ed in cui la sobrietà, scevra da intagli ed imponenti fregi, si sposa ad una innovativa tavolozza di colori. Le cornici lisce e le bugne laccate, che aumentano il senso di profondità di queste porte, sono solo attori secondari su un palcoscenico in cui primeggia il senso assoluto del cromatismo.
The Collector però non si limita a questo. Si fa anche arredamento, assecondando una spinta intrinseca di Sige Gold che anela alla creazione di un mondo fatto di richiami al suo concept unico e riconoscibile. Laccature e bugne si espandono e diventano elementi essenziali di tavoli e vetrine; l'eleganza si appesantisce di velluti scuri e voluttuosi che rivestono di luci poltrone e sedie. Rivivono così i tratti essenziali e classici conosciuti attraverso il legno delle preziose porte, mentre nell'intimo si materializzano potenti i contrasti contemporanei. I forti rimandi di The Collector alle tensioni stilistiche uniche e riconoscibili di Sige Gold sono raffinate giustapposizioni di un glam mai scontato, metropolitano e sobrio. In tutti i pezzi della collezione si scorgono citazioni capaci di nascondersi, cangiare ed offrirsi in tonalità diverse. Il risultato è qualcosa di simile alle ali di una farfalla: ricercato ed estremamente armonico.
Una ponderata ricerca sulle finiture più sofisticate ha portato alla creazione di una collezione chic ed inconsueta, nella quale i colori discreti primeggiano su tutti gli altri elementi della porta ed in cui la sobrietà, scevra da intagli ed imponenti fregi, si sposa ad una innovativa tavolozza di colori. Le cornici lisce e le bugne laccate, che aumentano il senso di profondità di queste porte, sono solo attori secondari su un palcoscenico in cui primeggia il senso assoluto del cromatismo.
The Collector però non si limita a questo. Si fa anche arredamento, assecondando una spinta intrinseca di Sige Gold che anela alla creazione di un mondo fatto di richiami al suo concept unico e riconoscibile. Laccature e bugne si espandono e diventano elementi essenziali di tavoli e vetrine; l'eleganza si appesantisce di velluti scuri e voluttuosi che rivestono di luci poltrone e sedie. Rivivono così i tratti essenziali e classici conosciuti attraverso il legno delle preziose porte, mentre nell'intimo si materializzano potenti i contrasti contemporanei. I forti rimandi di The Collector alle tensioni stilistiche uniche e riconoscibili di Sige Gold sono raffinate giustapposizioni di un glam mai scontato, metropolitano e sobrio. In tutti i pezzi della collezione si scorgono citazioni capaci di nascondersi, cangiare ed offrirsi in tonalità diverse. Il risultato è qualcosa di simile alle ali di una farfalla: ricercato ed estremamente armonico.
The Collector draws upon the Wedgewood style for its preview presentation at the Salone del Mobile
The Collector, the new Sige Gold collection which will be presented at the Salone del Mobile in Milan, opens its wings, ready to take you to an enchanted place where the sense of colour takes precedence over everything else. Delicate and extremely sophisticated Wedgewood influences, become the ideal base for a modern interpretation of a style that has made history. The harmonious and simple profiles of this line of doors help emphasize the evocative colours that make The Collector stand out in the Sige Gold collection. The Collector is also a collection of furniture which is unmistakably Sige Gold: imagery, startling contrasts and unexpected combinations make this line a must have for all those who love the familiar brand of the butterfly with its spread wings.
mercoledì 23 marzo 2011
Parquet colorato
La serie Slim è composta da listoni di 1860x189 mm, spessi appunto solo 3,5 mm. La grande novità sta nelle finiture in tinte RAL che possono essere applicate anche a questa serie e personalizzate su richiesta del cliente. Il parquet Slim offre due grandi opportunità: da una parte lascia liberi i designer e gli architetti di giocare con le palette dei colori, abbinando le tonalità del pavimento all’arredo o al colore delle pareti, dall’altra permette di ridurre in modo drastico i tempi di posa.
L’importanza di proporre rivestimenti con spessore ridotto è stata compresa da tempo da diversi produttori di pavimenti ceramici, diverso invece il discorso relativo ai pavimenti in legno. In quest’ambito non esistono molte alternative: o si scelgono i parquet classici (tradizionali o prefiniti) oppure si opta per il laminato (che di fatto non ha niente a che vedere con il vero legno).
Questo paequet unisce le caratteristiche uniche del legno - irregolarità, calore, fascino – ai colori pieni delle tinte RAL. A tutto ciò si aggiunge uno spessore incredibile che permette di posare il prodotto sopra a pavimenti esistenti. La serie Slim quindi è perfetta per ogni ambiente, specialmente per essere utilizzata in progetti di ristrutturazione.
Il grande vantaggio della linea è proprio la grande resa estetica e il rapporto estremamente conveniente con i costi di posa: risparmiare tempo equivale a risparmiare soldi. Non servono demolizioni, non importa sbassare le porte, non occorre predisporre alcun sottofondo. Gli stessi metodi d’installazione sono molto più semplici (il parquet viene incollato) e permettono di ridurre ulteriormente le spese.
Ultima nota importante: il colore. Come avviene per la serie RAL, anche la collezione Slim permette di scegliere il colore della laccatura tra una serie infinita di tonalità. Non solo: i clienti stessi potranno indicare il loro colore, l’azienda creerà tre campioni diversi e poi inizierà la produzione di quello più vicino alle sue esigenze. Come dire: nessuna possibilità di errore, la produzione inizia solo dopo il via libera del cliente.
L’importanza di proporre rivestimenti con spessore ridotto è stata compresa da tempo da diversi produttori di pavimenti ceramici, diverso invece il discorso relativo ai pavimenti in legno. In quest’ambito non esistono molte alternative: o si scelgono i parquet classici (tradizionali o prefiniti) oppure si opta per il laminato (che di fatto non ha niente a che vedere con il vero legno).
Questo paequet unisce le caratteristiche uniche del legno - irregolarità, calore, fascino – ai colori pieni delle tinte RAL. A tutto ciò si aggiunge uno spessore incredibile che permette di posare il prodotto sopra a pavimenti esistenti. La serie Slim quindi è perfetta per ogni ambiente, specialmente per essere utilizzata in progetti di ristrutturazione.
Il grande vantaggio della linea è proprio la grande resa estetica e il rapporto estremamente conveniente con i costi di posa: risparmiare tempo equivale a risparmiare soldi. Non servono demolizioni, non importa sbassare le porte, non occorre predisporre alcun sottofondo. Gli stessi metodi d’installazione sono molto più semplici (il parquet viene incollato) e permettono di ridurre ulteriormente le spese.
Ultima nota importante: il colore. Come avviene per la serie RAL, anche la collezione Slim permette di scegliere il colore della laccatura tra una serie infinita di tonalità. Non solo: i clienti stessi potranno indicare il loro colore, l’azienda creerà tre campioni diversi e poi inizierà la produzione di quello più vicino alle sue esigenze. Come dire: nessuna possibilità di errore, la produzione inizia solo dopo il via libera del cliente.
lunedì 21 marzo 2011
Magazzino di porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti.
L'età antica e classica
Nel repertorio non potevano mancare esempi dell’antichità. Capita spesso che le epoche più remote largamente stimolino il contemporaneo, sia sotto il profilo di un salutare azzeramento di tutte quelle sovrastrutture e convenzioni che il tempo ha via via accumulato, sia, talvolta, per il pathos che sistematiche esplorazioni o scoperte inattese hanno prodotto sulle mode.
Gli esempi di porte dell’antichità non sono moltissimi a dire il vero, né almeno immediatamente, motore di troppe possibili riproposte. Se l’Egitto antico si dimostrerà più tardi progettualmente fertilissimo, il contatto diretto con i musei del Cairo, di Parigi o di Torino, non sembra fornirci materia di studio sulle porte.
Caso analogo, anch’esso più fertile nelle fantasie del Settecento, ma sterile nell’immediato dei reperti originali, è quello della civiltà degli Etruschi. Quanto si conosce, identifica fascinose porte urbiche, o perfino urne a forma di casa ove l’ingresso, il portale ha grande importanza, ma dove la chiusura lignea non ha rilievo. Come nella celeberrima urna “a Palazzetto” in pietra calcarea del Museo Archeologico di Firenze, dove al bel portale bugnato e al ricco impaginato del prospetto non corrisponde un visibile disegno della porta.(...) Direttamente e indirettamente assai promettenti i casi di Ercolano, di Pompei, di Oplontis e, tra tante antiche civiltà, generalmente l’architettura di Roma antica. Gli spazi domestici, con le pitture che li decorano e che contemporaneamente li rappresentano, sono a tutt’oggi di così fascinoso impatto, che devono essere sottolineati, anche se tali dipinti murali forniscono forse più materia alla decorazione parietale che non suggerimenti per il disegno della porta.
Il caso che sembra più interessante è di recente acquisizione, ad Oplontis la grande villa cosiddetta di Poppea, offre significative vestigia monumentali, decorazioni illusionistiche, prevalentemente eseguite nel II, nel III e nel IV stile, che coprono ad affresco intere pareti dell’atrio, del calidarium, del tepidarium, del salone, del triclinium, del cubiculum.
Spettacolari decorazioni tese a dilatare lo spazio con prospettive architettoniche ispirate allo stile ellenistico barocco e a scenografie teatrali, con alcuni esempi di porte e di portali dipinti e generalmente scansioni di pareti e di motivi decorativi che sicuramente potenziano un influsso fortunatissimo negli ultimi due secoli nell’allestimento degli interni e forse candidabile per un ulteriore attuale ripensamento. Complici le odierne possibilità della decorazione e della riproduzione di pareti o di interi ambienti, fiduciosi nella possibilità di una reinterpretazione progettuale, il caso di Oplontis ci sembra insomma meritevole di segnalazione.
Ma qui ad Oplontis, ad Ercolano e a Pompei, troviamo concretamente anche delle porte lignee che conservano e tramandano a noi la forma e il corredo delle ferrature, se non il colore o le laccature con le quali erano forse trattate. I casi proposti, una bella chiusura a tre ante in una ricostruita casa di Pompei, una porticciola di servizio ancora ad Oplontis, testimoniano una modernità sorprendente: telai scorniciati e specchi lisci, per proporzioni e sobrietà di concezione, pezzi assolutamente coerenti con la misura quotidiana, con quella umanità che Michelucci, negli anni trenta, riconosceva tipica della casa pompeiana. Porte che, frutto di pialle, di scorniciatrici, già in uso nel mondo romano, e di una logica, corretta interpretazione del materiale, ci lasciano quasi interdetti di fronte ad una soluzione che vanta almeno due millenni e che invece sembra cosa di ieri.
Sul mondo romano è naturalmente possibile estendere le ricerche, in più direzioni e in più luoghi. Le porte bronzee rappresentano tuttavia un sicuro caposaldo in una ideale storia della porta. Evidentemente non per il numero degli esemplari giunti fino a noi. Nel repertorio delle Porte artistiche in bronzo degli edifici religiosi e civili in Italia dall’epoca romana fino ad oggi, curato dal Pozzi nel 1903, si propongono infatti solo tre casi importanti: la porta della basilica di San Giovanni in Laterano e quella del Pantheon, ambedue del primo secolo, e la porta del Battistero di San Giovanni in Fonte del terzo, cui si può aggiungere, provenienti ancora da Ercolano e Pompei, databili dal 63 al 79 d.C., una serie di battitoi, di borchie, di maniglie, di catenacci, di chiavi e guarnizioni di vario genere. Un caposaldo, la porta del Pantheon, ingresso della più celebre e influente delle architetture del mondo occidentale, per via della scansione degli specchi e della forma del basamento, per il disegno delle cornici (della gola dritta del telaio e di quella più sottile di una sorta di passe-partout nello specchio centrale).
Prescindendo dalle borchie, dalla foggia della chiodatura e dalla sua evidente funzione di protezione del tempio dedicato a Cibele madre di tutti gli dei, le due ante del Pantheon, possono insomma interessare come prototipo, ed essere rivisitate e riconsiderate per la forma del grigliato superiore, per un ragionamento sulle proporzioni; un interesse che, esteso all’intero impaginato della parete, al sovrapporta e alla cornice esterna, pone questa porta eternata nel bronzo, sullo stesso piano dell’edificio sovrastante, ovvero quale modello assolutamente influente per i due successivi millenni.
Mauro Cozzi
Nel repertorio non potevano mancare esempi dell’antichità. Capita spesso che le epoche più remote largamente stimolino il contemporaneo, sia sotto il profilo di un salutare azzeramento di tutte quelle sovrastrutture e convenzioni che il tempo ha via via accumulato, sia, talvolta, per il pathos che sistematiche esplorazioni o scoperte inattese hanno prodotto sulle mode.
Gli esempi di porte dell’antichità non sono moltissimi a dire il vero, né almeno immediatamente, motore di troppe possibili riproposte. Se l’Egitto antico si dimostrerà più tardi progettualmente fertilissimo, il contatto diretto con i musei del Cairo, di Parigi o di Torino, non sembra fornirci materia di studio sulle porte.
Caso analogo, anch’esso più fertile nelle fantasie del Settecento, ma sterile nell’immediato dei reperti originali, è quello della civiltà degli Etruschi. Quanto si conosce, identifica fascinose porte urbiche, o perfino urne a forma di casa ove l’ingresso, il portale ha grande importanza, ma dove la chiusura lignea non ha rilievo. Come nella celeberrima urna “a Palazzetto” in pietra calcarea del Museo Archeologico di Firenze, dove al bel portale bugnato e al ricco impaginato del prospetto non corrisponde un visibile disegno della porta.(...) Direttamente e indirettamente assai promettenti i casi di Ercolano, di Pompei, di Oplontis e, tra tante antiche civiltà, generalmente l’architettura di Roma antica. Gli spazi domestici, con le pitture che li decorano e che contemporaneamente li rappresentano, sono a tutt’oggi di così fascinoso impatto, che devono essere sottolineati, anche se tali dipinti murali forniscono forse più materia alla decorazione parietale che non suggerimenti per il disegno della porta.
Il caso che sembra più interessante è di recente acquisizione, ad Oplontis la grande villa cosiddetta di Poppea, offre significative vestigia monumentali, decorazioni illusionistiche, prevalentemente eseguite nel II, nel III e nel IV stile, che coprono ad affresco intere pareti dell’atrio, del calidarium, del tepidarium, del salone, del triclinium, del cubiculum.
Spettacolari decorazioni tese a dilatare lo spazio con prospettive architettoniche ispirate allo stile ellenistico barocco e a scenografie teatrali, con alcuni esempi di porte e di portali dipinti e generalmente scansioni di pareti e di motivi decorativi che sicuramente potenziano un influsso fortunatissimo negli ultimi due secoli nell’allestimento degli interni e forse candidabile per un ulteriore attuale ripensamento. Complici le odierne possibilità della decorazione e della riproduzione di pareti o di interi ambienti, fiduciosi nella possibilità di una reinterpretazione progettuale, il caso di Oplontis ci sembra insomma meritevole di segnalazione.
Urna a “palazzetto”, II sec. a. C., Firenze, Museo archeologico
Boscoreale, Pompei, villa di Publio Fannio Synistore, camera da letto, 11-20 a.C.
Roma, Palazzo dei Conservatori, rilievo dell’arco di Marc’Aurelio
Ma qui ad Oplontis, ad Ercolano e a Pompei, troviamo concretamente anche delle porte lignee che conservano e tramandano a noi la forma e il corredo delle ferrature, se non il colore o le laccature con le quali erano forse trattate. I casi proposti, una bella chiusura a tre ante in una ricostruita casa di Pompei, una porticciola di servizio ancora ad Oplontis, testimoniano una modernità sorprendente: telai scorniciati e specchi lisci, per proporzioni e sobrietà di concezione, pezzi assolutamente coerenti con la misura quotidiana, con quella umanità che Michelucci, negli anni trenta, riconosceva tipica della casa pompeiana. Porte che, frutto di pialle, di scorniciatrici, già in uso nel mondo romano, e di una logica, corretta interpretazione del materiale, ci lasciano quasi interdetti di fronte ad una soluzione che vanta almeno due millenni e che invece sembra cosa di ieri.
Roma, Pantheon, la porta, part.
A. Abaco, disegno della porta del Pantheon, Firenze, Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe [54, tav. XVIII, fig. 14]; Raffaello, disegno del pronao del Pantheon, Firenze, Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe [54, tav. XVIII, fig. 15]; A. Desgodetz, Les édifices antiques de Rome, Parigi, 1682 [54, tav. XVIII, fig. 16]; Piranesi, vedute del Pantheon, Roma, s.d., Tav. XX [54, tav. XVIII, fig. 17]
Porte di bronzo del Pantheon, Codice Destailleur, f. 6, Berlino, Staatliche Museum Preussicher Kulturbesitz [54, tav. VII]
Roma, Pantheon, la porta
Prescindendo dalle borchie, dalla foggia della chiodatura e dalla sua evidente funzione di protezione del tempio dedicato a Cibele madre di tutti gli dei, le due ante del Pantheon, possono insomma interessare come prototipo, ed essere rivisitate e riconsiderate per la forma del grigliato superiore, per un ragionamento sulle proporzioni; un interesse che, esteso all’intero impaginato della parete, al sovrapporta e alla cornice esterna, pone questa porta eternata nel bronzo, sullo stesso piano dell’edificio sovrastante, ovvero quale modello assolutamente influente per i due successivi millenni.
Mauro Cozzi
Etichette:
Mauro cozzi,
Porte,
porte antiche
sabato 19 marzo 2011
Magazzino di porte. Viaggio a puntate nella storia dei serramenti.
Col diffondersi del Movimento Moderno in Architettura, molti elementi legati alle tradizionali prassi costruttive, hanno subito un processo di semplificazione: per via della comparsa di materiali nuovi ma più ancora per una necessità industriale. Tanti particolari graziosamente pittoreschi che ritroviamo nell’edilizia dell’Ottocento o del primo Novecento – bugnati rustici, cornici, intonaci ‘sgraffiti’, torrini merlati, tetti sporgenti su mensole, ferrature di vario genere e negli interni, decori, infissi e arredi in stile di articolata fattura , ancora si legavano all’idea borghese di una cosa fatta per durare nel tempo, arredi e rifiniture che contrastando l’invecchiamento, potessero assorbire qualche colpo, qualche ammaccatura senza richiedere la sostituzione. Le economiche necessità del consumo ci hanno fatto preferire la perfetta finitura, il basso costo dei laminati e, il periodico ricambio dei prodotti. Anche se ci hanno lasciato qualche nostalgia per i villini borghesi d’inizio secolo, per le guarnizioni che infiorettavano le pareti, gli infissi, i pavimenti in graniglia o i radiatori in ghisa. Negli interni, anche le porte hanno indubbiamente risentito di questo cambiamento del gusto. (...)Quando non sono state del tutto eliminate, come in certe celeberrime architetture di Mies o di Le Corbusier, dopo gli eccessi decorativi dello Art Nouveau o le fantasie colorate e raffinate degli “anni ruggenti”, sono state ridotte alla loro più stretta essenzialità: schermi lisci, appena incorniciati dall’imbotte e da listelli coprifilo, di spessore ridotto, spesso privi della soglia.
Alla sostanziale affermazione di questo trend minimalistico, si è opposto qualche postmoderno ritorno decorativo o delle neoavanguardistiche fantasie che hanno talvolta mosso il progetto della porta contemporanea. (...) Ci pare che questo atteggiamento possa assolutamente adattarsi ad un discorso sulle porte. Cinquemila anni di architettura e di costruzioni offrono gli esempi più vari: porte possenti che difendevano intere città, porte monumentali rese preziose dalla fede, hanno sancito e sanciscono la solennità dei templi, difendono a tutt’oggi l’autorità, il potere, il denaro o più semplicemente l’intimità modesta della vita quotidiana, contribuendo all’eleganza della casa borghese, alla residenza in villa o nel palazzo di città. Comunque un nome, in quasi tutte le lingue, che quasi non ammette sinonimi. A fronte di una semplice e logica chiusura ad una o due ante, quasi imbarazza la serie delle invenzioni, delle guarnizioni, la varietà delle forme e dei materiali che ritroviamo nelle porte. Dai virtuosismi della sgorbia, agli exploit materiali e formali della Francia del Seicento, da tutti i revivals dell’Eclettismo agli arts déco, le porte testimoniano naturalmente le epoche e gli stili, anche quando sembrano sottrarsi ad una specifica caratterizzazione del gusto.
Non ci sono storie autorevoli della porta come genere, coincidendo questa con l’evoluzione della casa e dell’architettura da un lato, con la storia delle arti decorative e del mobilio dall’altro. (...)Ci sono alcuni repertori di modelli di porte, di portoni, di cancelli che in certi periodi sono serviti da guida all’architetto, al falegname, al fabbro. Talvolta, dall’Encyclopédie al Magazzino di Mobilia fiorentino di fine Settecento su su, fino al ‘neorealista’ Manuale dell’Architetto del 1946 ed oltre, si dedica qualche specifico capitolo agli infissi e alle porte in quanto elementi singoli dell’allestimento degli interni, sia sotto il profilo costruttivo, come nel primo e nell’ultimo dei casi sopra menzionati, sia, più frequentemente, sul piano dello stile e della decorazione.
Casi di una certa rilevanza qualitativa ma assolutamente insufficienti a costruire un repertorio, una settoriale “storia della porta” distesa sulle varie epoche, sulla eterogenea varietà di materiali, di tipi, di soluzioni e di stili accumulata in più millenni.
L' operazione di stesura di una storia delle porte, implica ricerche estese alle fonti bibliografiche tipiche della storia dell’architettura.
Questa breve relazione non ha l’ambizione d’essere l’abbozzo di una storia della porta. Casomai prova ad essere una riflessione; dietro una logica quasi ottocentesca di abaco, di raccolta di modelli, tenta di modernamente provocare e supportare ragionamenti progettuali sulla “porta in stile”, vuol essere “materiale” intermedio, criticamente stimolante. Rispetto a questo possibile atteggiamento di progetto, il repertorio di porte prodotto in questa occasione, con un programmato supplemento d’indagine sull’età neoclassica e sull’epoca degli Arts déco, ha una prevalente funzione strumentale, di provocatorio innesco di scelte tipologiche e decorative, forse anche comprensive di qualche riflessione sulla psicologia e sulla comunicazione che certi tipi, certi materiali e certi stili di porte, possono avere sul pubblico per naturalmente includere tali ragionamenti tra i dati della riproposta o del progetto ex novo.
Mauro Cozzi
Victor Horta, casa solvay 1900.
A follonica porta di villa benedetti 1922
Casa Gropius, Camera da letto realizzata su disegni di Gropius e Breuer, 1926
Errò, interno americano n.1, 1968
Alla sostanziale affermazione di questo trend minimalistico, si è opposto qualche postmoderno ritorno decorativo o delle neoavanguardistiche fantasie che hanno talvolta mosso il progetto della porta contemporanea. (...) Ci pare che questo atteggiamento possa assolutamente adattarsi ad un discorso sulle porte. Cinquemila anni di architettura e di costruzioni offrono gli esempi più vari: porte possenti che difendevano intere città, porte monumentali rese preziose dalla fede, hanno sancito e sanciscono la solennità dei templi, difendono a tutt’oggi l’autorità, il potere, il denaro o più semplicemente l’intimità modesta della vita quotidiana, contribuendo all’eleganza della casa borghese, alla residenza in villa o nel palazzo di città. Comunque un nome, in quasi tutte le lingue, che quasi non ammette sinonimi. A fronte di una semplice e logica chiusura ad una o due ante, quasi imbarazza la serie delle invenzioni, delle guarnizioni, la varietà delle forme e dei materiali che ritroviamo nelle porte. Dai virtuosismi della sgorbia, agli exploit materiali e formali della Francia del Seicento, da tutti i revivals dell’Eclettismo agli arts déco, le porte testimoniano naturalmente le epoche e gli stili, anche quando sembrano sottrarsi ad una specifica caratterizzazione del gusto.
Non ci sono storie autorevoli della porta come genere, coincidendo questa con l’evoluzione della casa e dell’architettura da un lato, con la storia delle arti decorative e del mobilio dall’altro. (...)Ci sono alcuni repertori di modelli di porte, di portoni, di cancelli che in certi periodi sono serviti da guida all’architetto, al falegname, al fabbro. Talvolta, dall’Encyclopédie al Magazzino di Mobilia fiorentino di fine Settecento su su, fino al ‘neorealista’ Manuale dell’Architetto del 1946 ed oltre, si dedica qualche specifico capitolo agli infissi e alle porte in quanto elementi singoli dell’allestimento degli interni, sia sotto il profilo costruttivo, come nel primo e nell’ultimo dei casi sopra menzionati, sia, più frequentemente, sul piano dello stile e della decorazione.
Porte e vetrata in stile moderno, Porte, portoni, finestre e facciate di negozi-ricca raccolta di disegni e progetti (con pref. di C. Torricelli), 70 tavv., Firenze, Casa ed Ars nova, 1927, tav. 40]
Casi di una certa rilevanza qualitativa ma assolutamente insufficienti a costruire un repertorio, una settoriale “storia della porta” distesa sulle varie epoche, sulla eterogenea varietà di materiali, di tipi, di soluzioni e di stili accumulata in più millenni.
L' operazione di stesura di una storia delle porte, implica ricerche estese alle fonti bibliografiche tipiche della storia dell’architettura.
Questa breve relazione non ha l’ambizione d’essere l’abbozzo di una storia della porta. Casomai prova ad essere una riflessione; dietro una logica quasi ottocentesca di abaco, di raccolta di modelli, tenta di modernamente provocare e supportare ragionamenti progettuali sulla “porta in stile”, vuol essere “materiale” intermedio, criticamente stimolante. Rispetto a questo possibile atteggiamento di progetto, il repertorio di porte prodotto in questa occasione, con un programmato supplemento d’indagine sull’età neoclassica e sull’epoca degli Arts déco, ha una prevalente funzione strumentale, di provocatorio innesco di scelte tipologiche e decorative, forse anche comprensive di qualche riflessione sulla psicologia e sulla comunicazione che certi tipi, certi materiali e certi stili di porte, possono avere sul pubblico per naturalmente includere tali ragionamenti tra i dati della riproposta o del progetto ex novo.
Mauro Cozzi
Etichette:
Mauro cozzi,
Porte
mercoledì 16 marzo 2011
Jaime Hayon: un designer...Fantasy
Anche se ha solo trentaquattro anni, Jaime Hayon è uno tra i designer più in vista sulla scena creativa mondiale, è un vulcano di idee dotato di un talento fuori dal comune. Il suo eclettismo artistico gli permette di spaziare dall'architettura d'interni ai giocattoli, passando per l'arredamento, le lampade e addirittura le scarpe.
In soli dieci anni ha rivoluzionato gli stereotipi del mondo del design, riuscendo a vincere il gusto della critica e meritandosi il plauso del pubblico. In breve tempo ha collezionato una serie di importanti partner commerciali come Camper, Adidas, Piper Heidsieck, marca di champagne per cui ha disegnato il Piper Crush: il cestello da ghiaccio in resina rossa esclusivo e irriverente.
Hayon è anche il direttore artistico di Lladro, prestigiosa marca di porcellane spagnola, per cui ha disegnato una collezione di figurines che ha svecchiato il clichè del soprammobile in ceramica.
Fantasy, la linea di statuette dalle forme eteree e metafisiche è riuscita in breve tempo a stregare il pubblico a partire dal suo master piece: The Lover, l'ormai celebre damerino clownesco con il suo scettro a forma di cuore.
www.hayonstudio.com
www.lladro.com/
Etichette:
Figurines,
Jaime Hayon,
Lladro,
The Lover
Iscriviti a:
Post (Atom)