Esistono naturalmente casi interessantissimi di tarsia pittorica anche nel Cinquecento, come nel caso di Antonio Barili a Siena e a Fano; di Fra Giovanni da Verona, con i lavori che attualmente si trovano nella sacrestia di San Marco a Venezia, nella chiesa di S. Maria in Organo a Verona, quelli eseguiti per il coro di Monte Oliveto Maggiore (oggi nella Cattedrale di Siena) o poi nella stanza della segnatura in Vaticano per Giulio II. Come nel caso di Baccio d’Agnolo nella cappella Tornabuoni in Santa Maria Novella a Firenze, della quale si hanno anche i disegni.
Il trompe l’oeil e le prospettive architettoniche trovano campo anche nell’intaglio come nel caso del bassorilievo schiacciato che orna lo schienale di un cacatoire pubblicato da Gonzales Palacios o di una porta (più tarda?) del Museo Comunale di Torino, già a Saluzzo, proposta dal Pedrini. Dal primo Cinquecento, dai disegni provatamente eseguiti dai Sangallo (con gli intagli di Baccio d’Agnolo), da Raffaello (in questo caso disegni realizzati da Giovanni Barili) fino a Giulio Romano e alla metà del secolo, l’intaglio guadagna sempre più spazio e spessore. Gli esempi selezionati per questo Magazzino testimoniano come anche nelle porte ci sia una progressiva rimontante plasticità degli ornati, fino agli intagli di Buontalenti, di Ammannati o di Vasari, per stare all’ambiente toscano, ma che dalla misura del tabernacolo a quella del palazzo sviluppano le fantastiche metamorfosi del Manierismo.
Dalla celeberrima e rivoluzionaria porta delle Suppliche buotalentiana ai turgidi ornati delle altre porte degli Uffizi, all’esterno e all’interno dei palazzi fiorentini, toscani, italiani ed ora anche europei, si sviluppano intagli che variamente si mescolano con motivi autoctoni, con cartigli a pergamena ancora d’uso gotico, con formelle intarsiate, con girali e motivi decorativi fioriti, grottesche a basso e ad altorilievo.
Se gli esemplari di più alta qualità e paternità hanno meritato, qualche nota al margine dei palazzi in cui si trovano, interesse nelle riviste, tra le opere di questo o quel “legnaiuolo”, per le porte più usuali e contaminate d’influenze nelle varie regioni e zone d’Italia, è assai problematico un racconto generale, e ancora di più un ragionamento da cui trarre indicazioni progettuali. Questi esemplari del Cinquecento, che nel XIX e XX secolo hanno mosso, come vedremo, interessi consistenti nelle arti decorative e il revival di vere e proprie ‘scuole’ come quella senese e fiorentina che in tutto il mondo hanno riproposto questo stile, non sembrano oggi riscuotere interesse. Per la poca sintonia col gusto contemporaneo, per la perdita di un mestiere come quello dell’intaglio e per i costi, in ogni caso impraticabili, stante la difficile adattabilità ad altri metodi produttivi.
Mauro Cozzi
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